‘Fabri, la porta si fa sempre più stretta e ho ancora offerto questo dolore per tutti voi’. Filippo appoggia il cellulare sul comodino. Sul ripiano bianco spicca un libretto colorato. È il sussidio di preghiere della diocesi di Novara: Vangelo del giorno, commento e qualche spunto per riflettere. Di solito la mattina prima di uscire per andare al lavoro lo infila nello zainetto insieme alle dispense e ai progetti dei cantieri. Quando sale sul traghetto che lo porta al di là del lago, cerca di ritagliarsi un po’ di tempo per iniziare la giornata insieme al Signore. È Stefano, un ragazzo che conosce, a notarlo: “Quando arrivava sul traghetto salutava tutti e tirava fuori un suo libretto. Ma si vedeva che non leggeva. Pregava”. La sera lo riprende in mano, insieme al breviario, per i momenti di preghiera che in questo primo anno di matrimonio ha condiviso con Anna. In quel pomeriggio di fine estate quello stesso libretto gli propone il Vangelo della porta stretta, mentre il suo addome gonfio e dolorante si fa più fastidioso: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno”.
Le preghiere degli amici e dei familiari sono tutte per lui, perché riesca ad varcare quella porta stretta, sempre più stretta. Ce la deve fare per veder nascere suo figlio tra poco più di un mese. Ce la deve fare per continuare ad affiancare i ragazzi dell’oratorio che gli sono affidati. Per approfondire il difficile rapporto con la madre e il dialogo faticosamente costruito con la sorella Alice, con cui si è scontrato parecchie volte dopo aver scoperto la sua omosessualità.
Ma tra quelli che pregano per la guarigione, Filippo non c’è. Lo racconta Andrea Pisano, mentre i suoi occhi chiari si fanno più lucidi: “Voleva guarire, ma ha sempre pregato per il progetto di Dio su di lui, per Anna e Luca, per la sua famiglia, per l’oratorio. Diceva: ‘Offro la mia sofferenza per voi’. Ma come? Per noi e il nostro compito educativo? Io probabilmente sarei riuscito a pensare solamente alla mia salute. Lui no. Disarmante”. Un ritornello sarà la preghiera di Filippo. Un giorno sta parlando con Daniele Maulini, e a un certo punto gli dice: “Dani, ricordati che dobbiamo tenere a mente questo canto. È in queste parole che dobbiamo trovare la forza”. Allunga la mano verso il comodino e prende il suo Iphone. Parte un canone di Taizè: “Il Signore è la mia forza e io spero in lui, il Signore è il Salvatore, in lui confido non ho timor”. Queste parole, che Filippo aveva già scelto molto tempo prima come sottofondo della sua intera vita, usciranno dalle labbra di molte altre persone nei giorni che seguiranno.
(da ‘Volevo dirgliene quattro – storia di Filippo Gagliardi, di Ilaria Nava, editore San Paolo)