Da quando è morto Filippo sento, leggo, ascolto testimonianze su di lui e sulla sua normalità: come tanti altri era persona normalissima, come tanti altri viveva una fede nel quotidiano, come tanti altri radicato in una comunità , come tanti altri presente, capace di guardare negli occhi le persone, ascoltarle ; una brava persona quindi, impegnata, ma come tante e tante altre.
“Quella normalità che come una luce attrae a Intra” leggo su Avvenire del 30 ottobre 2013.
Mi chiedo: è poi così tanto “normale” avere un responso sanitario così repentino ed infausto e dire: – All’inizio volevo dirgliene quattro… poi ho capito che Lui “carica” la croce su chi può sopportarla… (anche se ne facevo volentieri a meno )…quindi gli ho affidato tutto: me il piccolo ed Anna. –
“Ho capito”. I primi due giorni sappiamo che è stato terribile, ha pianto.
Ma poi ha capito.
E’ normale questo?
Mi chiedo ancora: è poi così normale, dopo aver saputo che tanta gente pregava per lui, dire : – Il Signore ve ne renderà merito…State riempiendo quello “scrigno” a cui il Signore “attinge”…Vi abbraccio tutti! Grazie!-
Ecco spiegato in due parole l’enorme“valore” della preghiera.
E’ normale questo?
Mi chiedo ancora: è poi così normale, sentendo poco a poco che la vita ti sfugge, scrivere: – Fabri, la porta si fa sempre più stretta e ho ancora offerto questo dolore per tutti voi -.
Ha “ancora offerto questo dolore” per tutti NOI, anche per me.
E’ normale questo?
Forse questi aspetti straordinari non sarebbero venuti fuori se avesse continuato a vivere rimanendo quel bravissimo ragazzo, a volte un po’ “zuccone”, che c’era, si impegnava, pregava, ascoltava, ma come tanti altri, quel marito e padre affettuoso e riconoscente verso Dio, ma come tanti altri.
Dio invece, che ne ha conosciuto il cuore e lo ha visto traboccante d’ amore, se l’è preso perché ne ha bisogno, lassù, per noi, perché porti molto frutto, non come avremmo voluto noi,ma come vuole Lui. Ma lo può fare colo con cuori “speciali”, “pieni di Lui”.
Ho sentito il bisogno di scrivere queste righe perché mi chiedo se non ci si stia confondendo un po’ le idee sul concetto di santità, facendola passare per normalità quando non è così. Con la vicenda di Filippo Dio secondo me ci dice che per essere santi non occorre avere le stimmate, avere visioni o cadere in estasi o fare cose eccezionali, ma ci vuol insegnare che la santità nasce prima di tutto da un cuore traboccante d’ amore per Lui ma donato nell’umiltà di una vita vissuta nella normalità.
Ma deve essere un cuore traboccante d’amore! E questo non è da persone normali, è da santi.
Filippo prega per noi affinché anche il nostro cuore sia traboccante d’amore come il tuo. Grazie
Pippo c’è!
(Lucia, 1 novembre 2013)